Gli occhiali di Gesù

Quando pensiamo a concetti quali protesta o addirittura alla rivoluzione, le donne e gli uomini impregnati di 900’ – cioè praticamente tutti noi – pensano a immagini negative, fallimentari e frustranti. Dalla presa della Bastiglia con i litri di sangue usciti dalle teste mozzate a Parigi, alla Rivoluzione di Ottobre, alle grandi manifestazioni a Roma o a Geneva represse nella violenza e che mai scalfiscono i poteri. A me, invece, viene subito in mente Gesù di Nazaret. E se il più illustre e potente rivoluzionario che la nostra cultura conosce è finito crocifisso, allora immediatamente tutti i bollenti spiriti rivoluzionari si placano. In effetti, diciamocelo, a tutta prima il crocifisso non è proprio un grande incentivo che ti spinge a metterti contro il potere costituito. Infatti, alla fine della fiera nonostante tutto ciò che aveva fatto: persino gli apostoli lo rinnegarono e il popolo -manipolato- scelse Barabba. Ma qualcosa sembra essere cambiato.

Infatti si è giunti da più parti – perfino con discorsi diventati di massa e accettabili dai più – all’idea che la rivoluzione che ci spetta, a questo punto della storia, sarà definitiva perché dovrà avere il carattere della permanenza. Non sarà, infatti, rivolta all’esterno, contro un potere costituito, che sta dentro un palazzo o similari né avrà come protagonista una precisa classe sociale. Sarà, al contrario, verso noi stessi, rivolta all’interno e sarà planetaria. Si parla di rivoluzione interiore. Ma allora la parola più corretta è un’altra, si tratta di evoluzione!

Oggi puoi esprimere questi concetti in giro senza che nessuno chiami la neuro: un bel passo in avanti, considerando i roghi del passato! Certo penseranno “l@ vedo stran@ ultimamente” ma con buona probabilità ti saluteranno ancora.

D’altronde questo fatto è anche facilmente spiegabile con la consapevolezza sempre più corroborata dai dati – che fino a qualche tempo fa erano difficilissimi da trovare – che il potere, quello vero, non persiste più nel potere cosiddetto politico (Parlamenti e varie) ma in un’oligarchia apolide e finanziaria che per sua natura non ha centri di potere fisici ma agisce sui flussi di denaro oramai completamente virtuali. Secondo il Global Wealth Report, pubblicato da Credit Suisse nel 2016, lo 0,7% della popolazione adulta mondiale possiede più del 45% della ricchezza totale vale a dire più di 116 trilioni di dollari. Allo stesso tempo, il 73,2% della popolazione, cioè più di 3,5 miliardi di persone, possiede solo il 2,4% della ricchezza. La situazione è così drammatica e paradossale, quindi, che non si può pensare di aggredirla occupando Palazzo Montecitorio o rompendo una vetrina del McDonald.

Ma allora che intendi per evoluzione?

Eh sai, (—sospiro—) è complesso.

E che vuol dire complesso?

È difficile rispondere a questa domanda ma almeno non è complesso! Un fatto complesso non è predicibile o spiegabile grazie alla sua scomposizione, per la regola aurea che un evento complesso è qualcosa in più della somma delle sue parti. Per spiegare la complessità, infatti, si usa sempre l’esempio di un sistema vivente come la cellula o l’uomo in quanto tali sistemi non sono predicibili, al contrario li si può trattare solo in termini probabilistici.

In questo caso specifico si tratta di insorgere verso una modalità di essere “io” cioè di essere umani che potremmo definire egoico-bellica.  Essa ha a che fare col tuo corpo, col tipo di parole che usi, col saper riconoscere le emozioni che provi. Questo tipo di rivoluzione interiore, di evoluzione, non si da una volta e per tutte non si esaurisce in un dato giorno con un’azione singola o attraverso un rito (di qualsiasi tipo) da reiterare pedissequamente per tutta la vita.

Potremmo parlare di una specie di rivoluzione permanente. Essa è un percorso, un cammino lento, costante, faticoso, giornaliero, creativo che non finisce mai o quasi. È un processo vivente quindi è complesso. Sappiamo solo che superato un certo stadio, il cambiamento sarà radicale e non sarà più quello di prima.

Questa rivoluzione/evoluzione non sarà caratterizzata dalla violenza e dal sangue che replicherebbero le dinamiche egoico-belliche ma dalla gioia e dalla cooperazione che creeranno un “io” finalmente pacifico-relazionale. E si fa da soli ma insieme. A casa come in piazza. Col corpo e con la mente.

Ma è più facile a dirsi che a farsi. Certo è più difficile spiegarla che sentirla. Te l’ho detto…è complesso.  Bisogna capire/sentire bene in cosa questo processo consiste praticamente e per quali motivi non sia avvenuto ancora.

Da dove si parte?

Questa è facile, si parte dalla protesta!

È inevitabile partire dalla protesta. Tutte le maturazioni, qualsiasi tipo di consapevolezza nasce sempre da una rottura da un “non ci sto” gridato o sussurrato, da un me ne vado, da un certo grado di disobbedienza. Basta pensare alle storie personali di ognuno di noi, alla fase cosiddetta dell’adolescenza ma non solo. Le maturazioni nascono sempre da una botta, da un’esperienza forte, molto spesso dolorosa (ma non è sempre necessario) in cui ognuno di noi si ribella ad un certo stato di cose e inizia a sperimentare nuove vie, nuove modalità, a volte inedite di fare o di essere qualcosa o qualcuno.

Diviene presto chiaro che la protesta non basta perché “la verità non penetra in un intelletto ribelle”. Allora capisci che hai bisogno di disciplina per diventare davvero l’essere umano che vuoi diventare.  In questo modo inizia qualsiasi cammino di trans-formazione e così anche questa volta.

Prendi Gesù. Lui non usava la parola sistema che oggi noi usiamo abbondantemente, per riferirci al maggiore imputato della nostra triste situazione. Ma usava un sinonimo, usava la parola: mondo. A quanto pare quindi le cose non sembrano così tanto cambiate. Io non sono di questo mondo (Giovanni 8:23). Mondo è la parola latina mundus, che è la traduzione greca di Kòsmos che significa cosmo, universo. Cioè l’ordine delle cose, la complessità di tutte le cose che esistono. Sembra avvisarci che la questione è tutta sul modo di vedere le cose, sugli occhiali che porti.

Io non vedo le cose con gli occhiali di questo mondo, uso un altro tipo di occhiali, dice. Non agisco nel mondo con modalità egoico-belliche (non voglio possedere ne avere la supremazia sull’altro) ma con modalità pacifico-relazionali. Attenzione pacifico non significa fesso. Gesù si arrabbiava, viveva le sue emozioni, in effetti ha protestato: scacciò tutti i mercanti fuori dal tempio (Giovanni 2:15) disubbidiva sin da piccolo (Luca 2:41-51) e quando lo faceva: erano caxxi amari! Disubbidiva soprattutto al cosiddetto buon senso comune (Luca 14:26).

Sembra dirci: dove tu vedi un problema io vedo un’opportunità di evoluzione, una soluzione. Dove tu vedi scarsità di mezzi io vedo condivisione di ricchezza. Dove tu vedi guerra e contrapposizione io vedo una danza di opposti, una integrazione che arricchisce. Questo perché io indosso un altro tipo di occhiali.

Ma è difficile praticarlo, anzi impossibile da praticare in questo mondo. Cioè non puoi barare, devi cambiare gli occhiali perché mantenendo quelli vecchi non ti verrà mai in mente di porgere l’altra guancia se qualcuno ti da uno schiaffo. Lo troveresti assurdo.

Siccome questa storia continua da millenni è chiaro che non ci viene naturale (parola vaghissima che non significa niente: la natura è piena di paradossi) cambiare. Infatti il nostro impulso principale è la guerra. In quello siamo bravissimi perché ci siamo specializzati negli ultimi 5.000 anni almeno (gli unici documentati). Capito perché ci vuole tanta pazienza? È come imparare a camminare con le mani: ci vuole un grande allenamento.

Ma non disperiamo, iniziamo dalla protesta. Iniziamo a disobbedire, a dire “non ci sto” oppure “me ne vado”. Per la disciplina vedremo dopo. Potrebbe essere utile fare l’esatto opposto di quello che ti verrebbe naturale fare. Tipo affrontare situazioni disperate con la pazienza, gli attacchi col sorriso e così via.

Per esempio io ho iniziato a praticare varie proteste su due argomenti principali: il tempo e lo spazio. Questo mondo mi vuole precario, sempre pronto a spostarmi, senza fissa dimora? Allora io protesto non ci sto e scelgo un posto fisso dove vivere, incomincio a mettere radici. Questo mondo mi dice devi andare veloce, sempre più veloce? Allora io protesto e rallento. Faccio le cose lentamente. Faccio tutte le cose lentamente: dall’allacciarmi le scarpe al fare l’amore.

Come faccio a sapere se sto protestando con gli occhiali giusti?

È facilissimo. Basta ascoltare il tuo corpo cioè le tue emozioni.

Una volta agita la protesta, se ti nasce una strana gioia nel cuore che ti riempie e non ti svuota; oppure se ti viene voglia di saltare, di cantare o di ballare: allora ci siamo!

Se invece ti senti in colpa e ti senti svuotato: c’è qualcosa che non va.

Auguri di buona protesta.

Scritto il 29 novembre del 2017

Diego Antonio Nesci

Cercatore

www.paroleguerriere.info