Accorgersi
Accorgersi di essere come un funambolo che prima di iniziare a mettere un piede sulla corda si domanda se è più grande la sua paura o il suo desiderio di scoperta. È proprio così che, troppo spesso, si rinuncia alla vita, a percorrere la propria strada: avendo paura di avere paura, decidendo deliberatamente di essere più piccoli delle nostre paure.
Tutto inizia con una sensazione negativa, uno stato di malessere che a volte è sottile, a volte quasi claustrofobico. Sentiamo che questo tempo è tanto buio quanto grandioso ed è proprio quest’ambiguità, che avvertiamo come intrinseca alla nostra condizione umana, a destabilizzarci, a bloccarci, a non farci respirare. Siamo percossi ogni giorno da valanghe di paroline inutili e senza anima, che tarlano continuamente la nostra mente, prive di energia vitale che ci svuotano e ci inaridiscono. Il senso di disorientamento è fortissimo. Coinvolge tutti senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
Ma ogni cammino che vuole portarci veramente in alto inizia andando in giù nel buio, nelle tenebre, negli abissi. Come Dante che per andare in Paradiso deve necessariamente passare per l’Inferno. Infatti è proprio nella depressione dell’inferno, nell’ombra, che si trova quell’indispensabile materiale grezzo da portare alla luce e che servirà – una volta plasmato, rimodellato, introiettato, digerito, scartato – a costruire i gradini di quella scala che può portarci in alto, in paradiso. Sentiamo che c’è qualcosa che non va ma non sappiamo bene cosa. A questo punto, nel migliore dei casi, da buoni umani -per giunta Occidentali- ci mettiamo alla ricerca. Cominciamo a sezionare, a dividere, a separare per capire cosa c’è che non va. Sarà sicuramente un pezzo difettoso –pensiamo- un lato della mia vita che mi atterrisce: basterà sostituirlo e tutto andrà bene.
È il Sindaco della mia città il problema; oppure il mio coniuge, il mio compagno, la mia fidanzata. Forse non guadagno abbastanza, devo cambiare lavoro. Ma perché non guadagno abbastanza? È evidente: perché faccio una cosa che non mi piace. Ecco è questo che devo fare: devo scoprire il mio talento, la mia vocazione. Sì! Andrò a fare quel corso -certo costa tanto- ma dopo sarà tutto diverso. Forse è solo questa città, è troppo grande -oppure è troppo piccola- devo andare a vivere al mare. Sì è sicuramente questa città, devo assolutamente andarmene via da qui. No, è questo Paese arretrato e bigotto che non mi valorizza: vado a vivere all’Estero. Aspetta forse è la mia casa, basta cambiare casa: ho bisogno di più spazio, di buttare cose, di vivere con poco oppure cambio il colore alle pareti? Forse devo solo andare in palestra e perdere qualche chilo, poi starò meglio. Ho sentito che molti hanno risolto facendo yoga. Farò di meglio, andrò in ritiro spirituale: solo così capirò qual è il mio vero problema. Probabilmente è tutta colpa dei miei genitori: mi hanno inflitto traumi profondissimi e poi non hanno mai creduto in me. No, tutte balle, mi stavo facendo ingannare, è chiaro a tutti di chi è la colpa del mio malessere: è il sistema.
Non è così che facciamo? Gira e rigira, da buoni lamentanti pieni di paura e amanti delle semplificazioni che ci tranquillizzano, si finisce sempre per dare la colpa a questo invincibile sistema di cui la politica è responsabile. Ma siamo sicuri di sapere di cosa stiamo parlando? Che significa la parola sistema? Possiamo davvero tirarcene fuori o ne siamo parte integrante e fondante? Serve davvero sezionare le cose? Non sarà il caso di aspirare ad una visione d’insieme per capire davvero che cos’è la Politica?
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