Non c’è pensiero senza affetto

Chi ha separato fin dall’inizio il pensiero dall’affetto si è preclusa la strada  per la comprensione del pensiero stesso (Lev Semënovič Vygotski)

Contribuisco con Il mio punto di vista e visione del mondo in questo interessante Blog.

L’elevata richiesta di risposte  da dare contraddistingue la nostra società, il nostro modo di vivere la contemporaneità sembra esaurirsi nel continuo desiderio di cose perché abbiamo dimenticato, nel migliore dei casi o non sappiamo nel peggiore che questo desiderio deriva dall’umano bisogno di  considerazione e affetto degli altri o quantomeno dal desiderio di conquistarli.

Solo una corretta visione di come funziona la mente umana potrà portare a delle politiche vicine ai bisogni dei cittadini.

Siamo un popolo di analfabeti emotivi che credono ancora che esista un pensiero che esclude la parte affettiva/volitiva. Quel pensiero che altri chiamano razionale.

Diego Antonio Nesci e Domenico Giannino hanno già, come me, percepito tutto questo e per la loro innata curiosità, non uccisa dalla deprimente elencazione di luoghi comuni, promuovono  pensieri e idee di altri  curiosi e interessati a continuare a meravigliarsi della vita.

Queste alcune difficoltà:

Non ci rendiamo conto di quanto la dimensione emotiva contenuta nei linguaggi che usiamo siano il cursore di tutte le scelte e decisioni che prendiamo durante la giornata, non esiste più la scelta razionale, quella considerata priva di sentimenti ed emozioni. Ancor oggi con i bambini,  il linguaggio e le parole che si usano, portano a far credere che esista una  netta separazione tra ragione e sentimento mentre nella realtà della mente/cervello  non esiste,  se veramente esistesse questa scissione non saremmo in grado di prendere anche le decisioni più semplici se non sudando e in molto tempo (A.Damasio).

Si usa molto la parola complessità e la si paragona al concetto di complicato: nulla di vero! La complessità è unicamente emergenza è ciò che avviene e che accade solo in modo probabilistico e statistico. Scomporla per comprenderla è inutile; quello che si scompone è solo il prodotto della complessità che nulla ha più a che vedere con la complessità  che l’ha generata (la società liquida).

Quello che voglio comunicare è che con il linguaggio che usiamo, siamo noi che promuoviamo le divisioni. Dobbiamo per forza essere da una parte o dall’altra, dobbiamo per forza essere di una squadra e/o di un partito politico: pena il giudizio negativo e l’esclusione.

Tutto questo sarebbe un bellissimo lavoro per la scuola. La scuola è la cosa più importante e l’unica possibilità di non subire un giorno i cambiamenti determinati dalla complessità, ma di promuoverli e governarli!

Iniziando a lavorare adesso penso che ci vorranno almeno 30 anni. Ci state?

Ottavio Romano

Libero Pensatore