Lo Stadio Olimpico e l’indipendenza Catalana: analogie

Come tutte le prime volte è stato molto emozionante ed interessante, i miei occhi erano pieni di meraviglia e stupore. Ma vi starete chiedendo che c’azzecca lo Stadio Olimpico con l’Indipendenza Catalana?

Apparentemente niente.

Io invece per tutta la serata, sentendo i cori ed il pathos della curva nord non ho fatto altro che pensare alla Catalunya, alla politica, all’intera storia umana, ed a come si sono dovuti sentire i miei amici catalani in piazza in questi giorni o d’avanti ai seggi del tristemente famoso referendum.

Ho pensato a quanto sia bello, emozionante e  tremendamente energizzante credere in qualcosa (qualsiasi cosa) insieme ad altre persone. Forse, mi son detto, è l’unica cosa che crea senso.

Anche se non dimentico che il 900′, più di tutto, ci ha insegnato che spesse volte questo senso (leggi: direzione) creato insieme, può concretizzarsi in qualcosa di terribile. Questo il potere supremo e la grande responsabilità dell’uomo : il libero arbitrio.

Ho pensato a tutti quei Catalani -forse un po’ accecati- uniti dall’intento dell’Indipendenza. L’indipendenza, ho pensato,  è sicuramente una questione molto più profonda e piena di risvolti politico-economici e sociali; molti di più di quelli che ci sono attorno ad una squadra di calcio.

Ma pensandoci bene, non credo che le due cose siano così distanti fra di loro. E non è per banalizzare né l’uno né l’altro fenomeno, anzi.

In fatto entusiasmante resta che quando le persone si uniscono con un’idea comune, proprio in quel momento si incendia la vita e la stessa si carica di senso; quel senso che di per sé stessa non ha.

Purtroppo da sempre (è stato cosi negli ultimi 3.500 anni) questa idea o ideale aggregante per gli esseri umani è sempre negativo. Cioè prende forma ed esiste sempre per contrapposizione all’altro o ad una alterità. C’è sempre qualcuno o qualcosa con cui competere o da cui scappare/difendersi. Non è mai la cooperazione, la relazione e l’empatia il motore delle nostre imprese: mai!

Per la Lazio è la Roma; per la Catalunya è lo Stato Spagnolo (Madrid ladrona ed usurpatrice).

Invece come vado professando il nostro momento storico ci impone μετάνοια e cioè un radicale mutamento nel modo di pensare, di giudicare, di sentire.

Siamo in un’altro millennio; è iniziato un nuovo secolo; siamo nella fase tre, l’età degli amici (vedi profezia di Gioacchino da Fiore). Arrendetevi! Ancora pochi se ne sono accorti.

L’era della competizione è finita e qualsiasi movimento politico, sociale o di qualsiasi altro tipo si fonderà, ancora, su questo dis-valore: non avrà futuro.

Andrà sempre a finire male.

Forza umanità!